Contesto storico
Nel 1929
inizia la prima profonda crisi del sistema produttivo della rivoluzione
industriale. Con il crollo della borsa di Wall Street vi furono notevoli e
catastrofiche conseguenze: milioni di disoccupati in pochi anni, la recessione
mondiale, la svalutazione del sistema della produzione meccanizzata. Anche nel
campo dell’architettura si riscontrano dei cambiamenti. Il Bauhaus è costretto
a chiudere nel 1933 e iniziano a diffondersi, da parte dei CIAM, analisi e
proposte su come impostare e affrontare i temi e le esigenze della nuova
società. Nel 1932 con la mostra al Moma di New York, viene promosso
l’International Style che propone un’architettura non più storicista e
classica, ma bensì astratta, pura, meccanica. Lo stile assume un valore
nettamente più importante rispetto ai contenuti. Ciò si può riscontrare
nell’uso di materiali come vetro e acciaio, che diventano il simbolo di questo
nuovo stile. Tecniche e materiali estremamente più economici ed efficienti
rispetto ai precedenti. A questa nuova corrente si contrappone la Germania di
Hitler, così come la Russia di Stalin e la Roma di Mussolini, che rivendicano
il carattere storico e conservatore dell’arcitettura. Nasce così una
contrapposizione tra un fronte che legge le regole del nuovo stile in chiave
etico-funzionale e l’altro fronte che pone completamente tra parentesi i
contenuti. Questa netta separazione porterà ad un notevole rallentamento
dell’affermazione della nuova estetica nel campo dell’architettura da parte
delle avanguardie. Gli architetti si ritrovano così a vivere e dover
fronteggiare una vera e proprio crisi: come coniugare le conquiste delle
avanguardie con il carattere personale, sentito e storico? Come riuscire a far
evolvere e sviluppare quei principi generali, senza rischiare di staticizzarli?
Qui entrano in campo tre celebri architetti, dimostrazione di come
l’architettura abbia risolto il problema. Sono Frank Llyod Wright, Alvar Aalto
e Giuseppe Terragni. Certamente i problemi sono comuni e necessitano di
risposte per lo più generali, ma è anche fondamentale che le risposte siano
caratterizzate e nascano da un carattere è personale, soggettivo, specifico.
Possiamo infatti riscontrare nelle opere architettoniche dei tre architetti,
soluzioni diverse l’una con l’altra, sia per cultura, che per situazioni. Solo
attraverso una chiave personalizzata dell’architettura si può superare la crisi
della rivoluzionaria corrente.
Giuseppe Terragni
Giuseppe
Terragni si inserisce delicatamente e armonicamente in questo critico scenario
di cambiamento e trasformazione. Egli utilizza i temi della rivoluzione della
nuova architettura e li combina con la sua cultura e la sua storia. In lui, i
temi del rinnovamento dell’architettura si devono necessariamente coniugare con
la Storia. Essa è un “a priori” ineluttabile.
Il progetto
Il
progetto finale dell’Asilo di Sant’Elia, nasce nel 1936 (e inaugurato il 31
ottobre del 1937), in un momento importante per l’architettura italiana che
cerca di affermare il suo carattere funzionalista per quanto concerne servizi,
case e materiali.
Questo è
il progetto di una piccola scuola, un’asilo appunto, costituita da quattro
aule, un refettorio, la cucina e i necessari servizi di supporto. La pianta è
iscritta in un quadrato regolare e viene ruotata rispetto alla maglia stradale
per trarre il massimo vantaggio dall’insolazione, sempre in continuità ai
fabbricati esistenti. Essa è aperta, ad U,
organizzata da volumi bassi disposti attorno ad un cortile centrale e
circondati dal giardino.
Nel corpo principale sono distribuiti gli spazi
dell’atrio, lo spogliatoio ed i servizi. Il fabbricato che penetra il giardino,
a destra, ospita le aule e gli spazi per il gioco e la ricreazione,
direttamente affacciati al cortile interno. Il volume a sinistra è attrezzato
con la palestra. Arretrato e parallelo all’asse stradale è il refettorio
ricavato in un piccolo corpo aderente al caseggiato a confine del lotto.
Giuseppe
Terragni utilizza un impianto, già noto in quanto ripreso da altre sue opere:
la suddivisione in TRE FASCE. La fascia centrale ha un ruolo fondamentale. Essa
non deve essere intesa, infatti, come una piazza, una bucatura, un vuoto, uno
“spreco”, bensì come un “seme” che deve essere coltivato. E’ uno spazio che va
capito, interpretato, vissuto. Le tre fasce, dettate dal classico tema
terragniano, si scontrano e incontrano con l’esigenza di una natura a carattere
oggettivo: sole, luce, aria. Da qui si può intravedere il tema che anima questa
scelta progettuale: la natura. Terragni, infatti, attribuisce molta importanza
al ruolo dell’aspetto naturale nel suo progetto. Forte è la compenetrazione tra
dentro e fuori, la tensione tra trasparenza e solidità, tra protezione del
freddo e apertura alla luce. Vi è un scontro tra l’elemento architettura e
l’elemento natura che però finisce con la fusione dei due, con la totale
compenetrazione. Così la realtà del vivere, con le sue esigenze e necessità vince
sul carattere raziocinante dell’architettura.
Costruito in muratura su una gabbia strutturale
in cemento armato, l’asilo è caratterizzato da ampie e distinte campiture:
piene e vuote, con le grandi superfici vetrate che garantiscono ambienti
luminosi e trasparenza. Appare un ambiente in penombra, rilassante e luminoso.
Ciò che colpisce e cattura l’attenzione del visitatore è proprio quello che si
può vedere al di là di queste grandi vetrate a tutt’altezza. Terragni recepisce
la profonda rivoluzione della trasparenza. Un aspetto rilevante e
caratterizzante in progetto è senza dubbio la comunicazione diretta che vi è
tra lo spazio interno e il giardino.
Dalle facciate emergono intelaiature, pensiline,
volutamente staccati per dialogare con i volumi. Verso il giardino lo spazio
delle aule si può ampliare, all’aperto, sotto le tende stese tra il fabbricato
e i pilastri distanti dal setto murario. In contrapposizione, si innesta una
pensilina aggettante, allungata oltre il cortile interno, sino al corpo di fabbrica
opposto che lascia passare piacevolmente la luce. Un altro elemento del
progetto è il portico che ricuce le due braccia dell’edificio e con una scala
conduce al tetto-solarium. All’interno del giardino si può assistere ad uno
slittamento trasversale che fa fuoriuscire la struttura su un lato e la fa
rientrare dall’altro lato permettendo, così, alla vetrata del refettorio di
piegarsi in copertura.
Fondamentale è la percezione orizzontale che
domina nel progetto grazie alla contenuta altezza, in parte sviluppata su due
livelli, e all’estensione in lunghezza delle fronti. L’altezza interna è di 4
metri e mezzo, l’edificio non supera i 5 metri.
I tre cardini del progetto dell’asilo sono,
senza dubbio, il Programma sociale (per una fascia di popolazione poco
abbiente), l’Innovazione tecnica e funzionale e l’Arte. Terragni elabora il
progetto di questo edificio pensando all’architettura come indice di civiltà,
espressione di un popolo con esigenze e necessità. L’architetto comasco pensava
all’asilo Sant’Elia di Como quasi naturale per come si rapporta agli elementi
della natura, realizzata durante una parentesi serena di una esistenza dedicata
a lotte per l’affermazione di una architettura a misura d’uomo. Il tema
dell’infanzia viene da lui interpretato trattato con molta attenzione e
rispetto. Ha un approccio delicato e allo stesso tempo profondo.
IL BANG DEL PROGETTO: Sicuramente il Bang dell'Asilo Sant'Elia è la corte interna, il giardino. L'edificio è costituito da tre fasce, due costruite e una verde. La fascia centrale è infatti uno spazio verde aperto che trasmette una sensazione di libertà, di conessione con la natura, di apertura alla luce e al sole.
LA PAROLA CHIAVE: Apertura, Comunicazione con la natura, Protezione.
L'edificio è formato da due bracci, contenenti aule e servizi di vario genere, che abbracciano e delimitano il giardino interno. Osservando questa struttura, si può notare come la struttura abbia un ruolo di PROTEZIONE e schermatura rispetto al trafficato asse stradale e alla città nel suo complesso. Si viene a creare una sorta di nido, di luogo sicuro e tranquillo dove i bambini possono stare e giocare liberamente.
Un altro aspetto fondamentale nell'intervento di Terragni è, senza dubbio, la COMUNICAZIONE CON LA NATURA. Egli cerca un continuo collegamento con il verde, il sole e la luce, elementi da lui considerati come esigenze dell'essere umano. La corte interna rispecchia esattamente questo punto cardine della sua architettura in continua relazione con la natura.
Infine si può notare il senso di APERTURA dell'opera. Infatti, esso non è costituito da un unico blocco, chiuso in se stesso, ma si dirama in due volumi che determinano uno spazio interno aperto. L'esigenza di comunicazione, di collegamento e di rapporto con il contesto naturale, porta l'asilo ad avere una struttura inconfondibilmente aperta al paesaggio.
bravo a terragni e alla sua intelligenza.il mondo d oggi non partorisce piu' questa gente.
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